Questa e’ una delle questioni che da decenni attanagliano tutti i chitarristi in ogni parte del mondo… In principio c’erano solo le valvole, e tutto quello che doveva amplificare era fatto con questi tubetti di vetro sottovuoto, non e’ che ci fosse scelta, quello era. Le valvole sono sparite da quasi ogni applicazione elettronica e vengono correntemente usate solo negli amplificatori per chitarra, in applicazioni audiofile, in campo militare e poco altro. I chitarristi sono un gruppo umano caratterizzato da forti tendenze conservatrici, quasi fondamentaliste, con scarsissima apertura verso l’innovazione. Essendo il “sound” della chitarra identificato con il sound “storico” prodotto negli “anni d’oro” questi peculiari esseri umani per decenni hanno osteggiato ogni tipo di tecnologia che non richiedesse l’uso di tubi roventi. La questione e’ spesso avvolta da credenze infondate, leggende metropolitane e magia nera, e cosi’ il mito della valvola si perpetrato fino al nuovo millennio.
Tra i vari luoghi comuni che si sentono, i piu’ ricorrenti sono che “le valvole scaldano il suono”, “la distorsione valvolare e’ cremosa”, “gli ampli a valvole hanno piu’ dinamica e piu’ BOTTA”, ” a parita’ di watt un ampli a valvole suona piu’ forte”, “magari ascoltandoli sembrano uguali ma sotto le dita le valvole non hanno rivali”. E questi sono solo alcuni…
Lungi da me sostenere un confronto tra queste due tecnologie per arrivare a stabilire il primato di una sull’altra, quello che mi preme esprimere e’ il fatto che in tutti questi anni di suonaggio a me tutto questo non e’ mai parso in questi termini. Premetto che non ho mai posseduto un amplificatore a valvole di alto livello, ne ho suonati tanti sia a valvole che a transistor piu’ o meno di ogni livello, e in molti casi ho riscontrato ottimi o pessimi suoni al di la di quello che stava dentro all’amplificatore.
Qual’e’ la situazione attuale? Se negli anni passati “ampli valvolare” era sinonimo di fascia alta e prezzi cari, la produzione sempre piu’ delocalizzata in China ha fatto si che attualmente siano disponibili sul mercato amplificatori valvolari anche nella fascia economica e media con prezzi dal centinaio di euro in su e in particolare nella fascia bassa dilagano i mini valvolari con potenze intorno ai 5-10 watt. Insomma oggi per togliersi lo sfizio della valvola si puo’ spendere anche poco.
E sulla sponda dei trans…istors? Dopo l’introduzione di questa fantastica invenzione le principali aziende produttrici di amplificatori per chitarra iniziarono ad introdurre delle serie a transistor appunto in sostituzione della generazione precedente a valvole, ma la risposta degli acquirenti deve essere stata talmente contraria che fin da subito i transistor affiancarono e spesso in modo marginale le cugine valvole. E’ un po’ come se l’industria delle televisioni dopo aver introdotto i transistor avesse continuato a produrre televisioni a valvole per far contenti gli acquirenti e solo un numero marginale di modelli con i nuovi transistor… e’ un po’ ridicola come cosa, non trovate?
A parte poche marche che hanno creato amplificatori a transistor di successo, tipo Roland, Randall, Kustom e Polytone, questo tipo di amplificatore e’ stato relegato nella fascia economica e per usi amatoriali.
Un primo tentativo di corruzione dello spirito fondamentalista dei chitarristi e’ arrivato con gli amplificatori ibridi e cioe’ pre a valvole e finale a transistor o viceversa. Memorabile la serie Marshall Valvestate. Purtroppo non e’ bastato aggiungere una solitaria valvoletta per “scaldare il suono” a soddisfare questi arretrati musicisti, e cosi’ anche gli amplificatori ibridi hanno avuto una collocazione sempre in fascia medio bassa.
Per come la vedo io, senza fondamentalismi, e’ che e’ sempre meglio un buon transistor di un valvolare economico. Al di la del mitico Roland JC120 che per prezzo si colloca piu’ in alto, nella fascia economica meritano di essere considerati i Peavey Transtube, il Bandit 112 o il suo fratello piu’ piccolo (piu’ leggero, meno potente e ingombrante) Envoy 110. Molto accreditato in rete e’ il Piccolo Vox Pathfinder 15R, oppure i Fender Frontman 65R (dismesso) o il Frontman 212R (laserie FM e’ stata dismessa in toto ma qualitativamente era un po’ una ciofeca)
Questi modelli al momento attuale sono gli unici che mi vengono in mente pensando a buoni amplificatori a stato solido senza fronzoli, perche’ da qualche anno a questa parte l’industria ha deciso di buttarsi su una nuova tecnologia e cioe’ sui modelli digitali.
Di fatto la minaccia piu’ grossa che sta segnando l’estinzione degli ampli a transistor non risiede nel persistere delle valvole come ci si potrebbe immaginare, ma proprio dal dilagare sempre piu’ preponderante di amplificatori digitali a modelli fisici. Oramai trovare un amplificatore a stato solito alla vecchia maniera, con uno o due canali e un semplice reverbero e’ impresa ardua, quasi tutti i produttori oramai hanno in catalogo amplificatori “all in one”, modelli fisici piu’ effetti, che se da una parte sono sempre a transistor dall’altra cercano di emulare i cugini a valvole usando una tecnologia digitale. Su questo punto si apre anche tutta una altra diatriba che e’ DIGITALE vs. ANALOGICO ma che sara’ oggetto di un post futuro 😉
Oramai tutti i produttori hanno in catalogo questi ampli digitali che inglobano un sistema di emulazione di diversi tipi di amplificatori “storici” e un multieffetto. Sono dei box all in one in genere pilotabili con switch esterni per selezionare i vari suoni programmabili. Il vantaggio di solito e’ di avere una soluzione molto compatta, leggera e versatile. La principale differenza con gli amplificatori a transistor tradizionali e’ che in genere questi ultimi funzionano bene con pedali effetti esterni mentre e’ molto piu’ difficile far andare d’accordo un overdrive a pedale con un amplificatore digitale. Se il clipping di un transistor e’ meno piacevole del clipping delle valvole, il clipping digitale e’ totalmente insopportabile, quindi bisogna stare attenti a come si usano gli effetti esterni e in particolare al livello del segnale che si butta dentro nell’input dell’ampli.
Vale la pena di entrare un po’ nel merito. I primi pedali overdrive e distorsori nacquero dall’esigenza di avere sonorita’ “valvolari” con le prime generazioni di ampli a transistor. Un ampli a transistor fa una cosa benissimo, e cioe’ amplifica in modo lineare quello che gli si da in pasto. I problemi sorgono quando ci si scosta dalla zone di funzionamento lineare e ci si porta in prossimita’ del clipping o saturazione. Con un overdrive esterno e’ possibile in genere ottenere una saturazione piu’ morbida da poi amplificare con un ampli a transistor senza mandare l’ampli in saturazione. In genere bisogna settare il “level” del pedale in modo da avere lo stesso volume tra suono pulito e suono overdrive dosando il gain per avere suoni piu’ o meno sporchi. Con un ampli a valvole l’uso puo’ anche cambiare nel senso che spesso si usano overdrive e distorsori per boostare il segnale di ingresso nell’ampli e spingere ancora di piu’ la saturazione delle valvole che in questo ambito si comportano differentemente dai transistor. Questo e’ il principale motivo per cui spesso si sente dire che gli ampli a transistor non funzionano bene con i pedali!!! bisogna stare attenti al livello del segnale che si butta dentro all’amplificatore, le valvole sono piu’ tolleranti i transistor no. Per concludere questo e’ ancor piu’ valido nel caso di amplificari a modelli digitali come detto sopra.
Ai giorni nostri quindi sul mercato troviamo amplificatori a valvolve di ogni potenza in tutte le fascie di prezzo, pochi superstiti eccellenti di amplificatori a stato solido analogici, una miriade di amplificatori digitali a stato solido , alcuni modelli ibridi Tube+trans e pochissimi modelli (line6) di ampli a valvole ma con sistemi di emulazione digitale. Lungi da me il voler dare un quadro completo della questione, tra l’altro anche solo parlare di ampli a transistor bisognerebbe distinguere i vari tipi di transistor utilizzati che di fatto danno comportamenti molto diversi e che spesso in certe progettazioni si comportano in modo molto simili alle valvole. Questo post vuole solo essere uno spunto di riflessione, una guida per neofiti e la considerazione che 60 anni dopo la nascita dell’amplificazione moderna della chitarra il punto di riferimento e’ ancora tutt’ora una tecnologia obsoleta e la ricerca e lo sviluppo delle aziende e’ sempre andato nella direzione di creare con tecnologie nuove, prima il transistor e poi i modelli digitali, suoni vecchi, le poche aziende che hanno anche cercato di innovare nell’abito del sound in genere hanno trovato piu’ detrattori che estimatori.
Sei un grande! Ottimo articolo, sono daccordo con la tua maniera critica di esporre la questione. la musica è un ambiente in cui i conservatori sono riusciti ad avere la meglio sull’evoluzione, il chè può essere visto come isola felice o come idiozia totale!
Il discorso si allarga parecchio però, come quando mi dicono “e ma il suono del vinile è meglio del digitale quando ascolto la musica” quindi il mio interlocutore vuol farmi credere che un vinile con tutte le sue scariche e imprecisioni e la scarsa definizione è meglio di una musica a 16 bit 44100Khz? Cioè oggettivamente “meglio”? Prendi un vinile di De Andrè e poi uno dei suoi ultimi cd è mai possibile che il vinile “suoni qualitativamente meglio”? Impossibile è oggettivamente vero il contrario… magari si potrebbe dire che a qualcuno piace di più in quanto appassionato feticista. Lo stesso vale quando mi scassano col fatto che la musica dovrebbe essere commercializzata a 24bit e con frequenza di campionamento maggiore rispetto ai normali 44,1khz… come se a 44,1khz 16bit il suono fosse scadente e non bastasse
Ciao,
a me quando leggo “ah ma il calore del vinile rispetto al digitale…” mi cadono le palle… e’ feticismo puro, che sia piu’ piacevole il “rito” del vinile, un conto, ma dire che suoni meglio… boh!!
Va beh,anche il suono del vinile non sarà poi da buttare via,no?infatti,sebbene sia più pulito il suono del cd,il vinile produce un suono più naturale,in quanto crea vibrazioni “vere” che passano dal solco alla puntina e giungono all’orecchio come suono reale,ovvero il “giradischi” è a tutti gli effetti uno strumento musicale,perché non solo riproduce,ma di fatto CREA I SUONI che stiamo ascoltando in quel momento.e comunque viva la musica,che se è buona fa sempre il suo effetto,su cd,su cassetta,vinile,o radiolina scassata che sia.saluti a tutti.diego
Assolutamente d’accordo, viva la Musica sempre e comunque che ci fa vibrare l’anima