Musica

Luca Francioso – Nuovi spazi per la Musica dal vivo

Musicista, compositore, scrittore, didatta, disegnatore e grafico, sicuramente un artista poliedrico. Nato in Calabria, vive e lavora a Padova. È Luca Francioso. Lo seguo da anni online e proprio tramite un post sul suo profilo facebook vengo colpito da un’iniziativa che trovo interessantissima e che mi ha spinto a contattarlo per saperne di più ed è così nata l’idea di un’intervista per GuitarBlog.it. Luca già da anni propone i suoi “Concerti a Domicilio”, la possibilità per privati che abbiano uno spazio adeguato e sopratutto la voglia di portarsi a casa la sua Musica di ingaggiarlo per concerti da tenersi in casa, da un salotto fino al parco di una villa, ci sono soluzioni per tutte le tasche e per eventi che vanno da 15 a 26 persone e oltre.La spesa è commisurata al numero di spettatori, ma rimane sicuramente abbordabile per l’ospite che volesse regalare un concerto gratis ad amici e parenti senza farli contribuire con un contributo a persona. Sul sito di Luca è presente una pagina che presenta la proposta con i relativi costi. Tutto chiaro e a portata di click. Oltre a portare la sua Musica dal vivo in casa del suo pubblico Luca ha anche portato il pubblico a casa sua, con i “suoni di casa mia”, concerti organizzati proprio nella sua casa. E se questo non fosse bastato anche concerti in montagna portando il pubblico a camminare in paesaggi meravogliosi per poi suonare per i compagni di camminata. L’esperienza di Luca Francioso nel cercare nuovi spazi per la musica dal vivo puo’ essere uno stimolo ed un esempio per molti, sopratutto in periodo come questo che in cui sembra proprio che che gli spazi della musica vadano ripensati e reinventati trovando il giusto modo di tornare a viverla pienamente

Ciao Luca, grazie per aver accettato questa breve intervista! Innanzitutto ti chiedo come stai e come e andata nei mesi scorsi? Sei riuscito ad usare proficuamente il periodo di isolamento per dedicarti ai tuoi tanti talenti artistici? Hai scritto un brano per baritona intitolato “Home”, c’è altro che bolle in pentola e che è stato preparato con l’“occasione” di stare a casa?

Ciao Matteo, io e la mia famiglia stiamo bene, grazie. Quello del lockdown è stato un periodo molto complicato, per la mia famiglia come per tante altre persone, per differenti aspetti legati alla vita quotidiana e al lavoro. Ho tentato in ogni caso di non perdere l’entusiasmo e di dare una certa continuità al flusso creativo, indipendentemente dal linguaggio artistico utilizzato. Non potendo fare concerti (sono state cinque le date annullate) mi sono concentrato sulla produzione di nuovo materiale e sui live in streaming, sebbene inizialmente mi fossi mostrato scettico sulle dirette social, lavorando contemporaneamente anche su altri progetti, video e grafici: ho realizzato un video per il coro dei bambini della mia comunità di Tombelle, curando le registrazioni audio e il montaggio video; ho curato l’editing, la revisione e l’impaginazione dell’ultimo libro del chitarrista Massimo Varini, “Come la pastura per il pescatore e il vento per l’aquilone”; mi sono occupato della grafica e dell’impaginazione della rivista Chitarra Acustica, cosa che continuerò a fare ancora per un po’; ho iniziato a lavorare sul restyling grafico dell’intero canale didattico di Massimo Varini, con cui probabilmente lavorerò anche ad altri progetti futuri; infine ho prodotto due singoli, usciti entrambi in pieno lockdown: “Me stesso”, la prima canzone da me cantata della mia discografia, e “Home”, il pezzo scritto ed eseguito con la baritona a cui hai fatto riferimento nella tua domanda. Insomma, mi sono dato da fare quanto più ho potuto.

Inizio subito a chiederti di “Concerti a domicilio”. Quando è nata l’idea? Ha trovato fin da subito riscontro presso il tuo pubblico e ci è voluto un po’ per promuoverla? Quanti concerti hai già organizzato in questo modo?

L’idea dei “Concerti a domicilio” è nata quasi diciotto anni fa, quando un’amica padovana residente a Milano per motivi di studio mi chiese di fare un concerto nell’appartamento che condivideva con altri studenti. Era il 12 dicembre 2002. Durante quel live capii subito che quella formula, di cui avevo letto in alcune interviste a chitarristi americani su riviste di settore, era uno scenario ideale per la musica acustica e così iniziai nei mesi successivi a proporla in giro, ottenendo una notevole risposta da parte delle persone, il cui entusiasmo non è mutato nel corso degli anni. Con il passare del tempo ho affinato sempre di più i dettagli organizzativi per aggiornare di volta in volta le esigenze tecniche e logistiche, fino ad arrivare al format definito con cui oggi propongo l’evento, arrivato ormai a quota 109 concerti, in tutta Italia e alcuni in Austria.

Qual è il numero minimo e il numero massimo di spettatori che hai avuto in uno dei passati “Concerti a Domicilio”?

Il numero minimo credo si attesti intorno a una decina di persona, mentre quello massimo a una cinquantina: alcuni infatti si avvalgono della formula “Concerto a domicilio” per organizzare concerti più formali, in ambienti differenti da quelli casalinghi, come ad esempio sale polivalenti o centri parrocchiali, poiché questo tipo di soluzione rende l’organizzazione di un concerto molto più agevole, considerando che non c’è un unico committente che fa fronte alle spese necessarie, ma che le spese vengono divise per il numero dei partecipanti. E più si è meno si paga a testa. È un’ottima soluzione!

Ti è mai capitato di trovarti in posti che al momento del tuo arrivo si sono rivelati inadatti? Tipo salotti troppo piccoli o giardini infestati da zanzare, insomma ti sei mai trovato in situazioni poco confortevoli o con ospiti che pensavano di organizzare una schitarrata con canzoni da karaoke? Se non è mai successo ci sono dei “rischi”?

Sì, più volte. Soprattutto i primi anni, in cui ancora i dettagli organizzativi non erano così definiti come lo sono oggi. Mi è capitato di esibirmi durante feste di compleanno di fronte a persone convinte che avrebbero partecipato a una festa con karaoke, in salotti piccolissimi in cui ci siamo stati in più di quaranta persone, oppure in luoghi critici come ad esempio un fienile, di certo affascinante ma con evidenti problemi logistici. In generale, esibirsi in casa di qualcuno comporta sempre un piccola percentuale di rischio, perché in un luogo intimo e informale come un appartamento o un giardino casalingo si innescano dinamiche assai diverse da quelle più formali dei consueti concerti. Tuttavia è un rischio che vale la pena di correre.

Chi sono di solito gli organizzatori di queste serate? Appassionati di musica acustica strumentale o appassionati di musica in genere che si avvicinano alla chitarra acustica? Di che eventi si tratta? Occasioni particolari o solo la voglia di organizzare una bella serata di musica in casa propria?

Chi organizza una serata di questa natura non può che essere un appassionato di musica o, più specificatamente, di chitarra acustica. Nel corso di questi diciotto anni di proposta mi è capitato di essere contattato da persone molto diverse tra loro per suonare in luoghi e situazioni molto differenti: feste private, compleanni o semplici serate musicali.

Che differenza riscontri tra portare la tua musica nelle case delle persone rispetto a portarla nei luoghi più tradizionali, teatri e locali dedicati?

Benché appaiano davvero minime, le differenze che esistono tra un consueto concerto e un concerto in casa rendono l’esperienza casalinga davvero molto più affascinante. Pensa, per esempio, alla possibilità di interazione e condivisione che esiste tra l’artista e la gente durante il buffet che precede il concerto, oppure alla possibilità che ha l’artista di dialogare con le persone tra un brano e l’altro (cosa che io faccio spesso), per non parlare dell’atmosfera evidentemente intima che soltanto un ambiente casalingo riesce a donare a qualsiasi incontro, tanto più a un concerto. Penso infine, così come ho scritto nel mio sito, che una casa sia il luogo ideale per fare musica, considerata l’infinità degli intimi gesti che custodisce ogni giorno, a volte per generazioni intere.

Tu organizzi anche un paio di volte all’anno dei concerti a casa tua, ci parli anche di questa situazione interessantissima dove dici “Non è la mia casa a diventare un palco, ma il palco a diventare casa”?

Ho iniziato a proporre “Suoni di casa mia”, ovvero un concerto nella mia casa preceduto da un buffet preparato da mia moglie con alimenti di stagione e a chilometro zero (per quando possibile, naturalmente), nel novembre del 2010 e in dieci anni abbiamo ospitato persone da tutto il nord Italia e anche da Zurigo, realizzando diciotto edizioni, due all’anno: uno in aprile e uno in novembre. L’idea di organizzare un concerto direttamente a casa dell’artista è un’esperienza ancora più coinvolgente di un normale concerto in casa, poiché le persone hanno la possibilità di immergersi nell’ambiente in cui l’artista suona, studia e compone. In effetti, riferendomi alla mia frase da te citata, la sensazione che ho avuto in tutti questi anni è che non siano mai stati i nostri sforzi di rendere la nostra casa una sorta di ristorante/teatro a creare l’incredibile atmosfera che abbiamo respirato a ogni edizione, ma sia stata la sensazione di sentirmi a casa su un qualsiasi palco a invadere puntualmente il mio appartamento. Una sensazione davvero bellissima.

E ben da prima che venissero di moda i concerti in alta quota post Covid tu hai da tempo organizzato giornate in montagna con camminata e concerto, anche questa un’iniziativa interessantissima, per chi ama la montagna e la musica. Com’è l’esperienza di suonare in acustico circondato dalla natura e da un pubblico con cui hai condiviso un cammino? Chi sono di solito i partecipanti? Amanti del genere che colgono l’occasione anche di passare del tempo con te per parlare di musica mentre si cammina o escursionisti che per la prima volta vogliono provare un’esperienza di camminata diversa dal solito?

Anche suonare ad alta quota è un’esperienza meravigliosa, difficilmente spiegabile a parole. Ho proposto “Musicammina”, si chiamava così l’evento, dal 2011 al 2016, portando le tante persone che si sono iscritte nelle sei edizioni realizzate in luoghi sempre diversi e meravigliosi. Con me c’è sempre stato una guida che durante la camminata raccontava le peculiarità del posto e poi, una volta arrivati a destinazione e dopo aver consumato il pranzo al sacco, io suonavo per circa un’ora, immerso nella natura. Bellissimo. Tuttavia, a causa della complessità organizzativa, io e mia moglie abbiamo deciso di non proseguire con questa proposta: è stata una decisione difficile da prendere, ma l’evento era diventato difficile da gestire.

Qual è il tuo repertorio per questo tipo di concerti?

Ho sempre scelto il repertorio in base a esigenze emotive o tecniche. Non sono mai stati i differenti luoghi delle esibizioni il filtro per realizzare la scaletta.

Pensi che questo tipo di concerti possano essere una soluzione per garantirsi un’attività live in un post pandemia dove comunque gli assembramenti devono rimanere contenuti?

Non saprei. Apparentemente sembra possano esserlo, ma c’è ancora molto timore in giro e la gente è guardinga e forse anche un po’ sfiduciata. Io mi auguro, indipendentemente dalla natura della proposta, che ritorni presto il desiderio di condividere insieme il tempo, lo spazio e le esperienze, senza alcun tipo di limitazione.

Ci puoi parlare della tua collaborazione con Eko Guitars? Dal 2019 usi esclusivamente chitarre di questo marchio, sono chitarre di serie o customizzate per alcune tue esigenze particolari? Che chitarra usi principalmente? Con che sistema di cattura del suono e amplificazione usi?

La mia collaborazione con Eko Guitars è iniziata grazie a Massimo Varini, amico e produttore di un paio di miei album, con cui di recente ho iniziato anche un’intensa collaborazione grafica, nel senso che sto curando la grafica di alcune sue produzioni. Max è il Project leader di Eko Guitars da anni ormai e a febbraio dell’anno scorso mi ha voluto in squadra per dare credibilità al brand e all’evoluzione che in questi anni l’azienda ha compiuto grazie anche al suo intervento e a quello del liutaio Roberto Fontanot, con cui ha reinventato l’intero catalogo Eko. Una volta provate le ultime chitarre prodotte dall’azienda ho capito che erano strumenti che potevano fare al caso mio e così ho iniziato a utilizzarne prima uno e poi, lentamente, diversi, a seconda delle esigenze. Al momento il mio parco chitarre è formato da: la chitarra acustica WOW in koa, la chitarra classica VIBRA 300, la chitarra da viaggio Marco Polo e la baritona EVO III. Presto a queste dovrebbero aggiungersi anche una D, la Ranger Futura, e una D 12 corde, la Ranger VR. Non uso strumenti custom, non per il momento almeno. Riguardo all’elettrificazione degli strumenti utilizzo quelli in dotazione e sono veramente soddisfatto del suono: le ritengo tutte ottime chitarre, sia per i live sia per lo studio, e hanno una rapporto qualità prezzo davvero interessante.

Sei anche endorsers di OLLO, ti chiedo di questa collaborazione perché mi ha colpito, spesso ci concentriamo sulla catena di produzione del suono ma dimentichiamo poi di ascoltare la musica che produciamo con cuffie che rendano giustizia al nostro strumento e a quello che abbiamo suonato. Come sei arrivato a queste cuffie e cosa ti ha convinto di usarle anche per il Mix?

Amo ascoltare la musica in cuffia e spesso, lavorando per lo più di notte, sono stato costretto anche ad affrontare alcuni mix in cuffia, benché sia poco indicato. A parlarmi delle OLLO è stato il mio caro amico Andrea Lion, tecnico del suono del True Colours Studio di Padova, di cui mi fido molto, perché mi conosce da anni, sia personalmente che musicalmente. Così, non appena mi ha raccontato della qualità di queste cuffie e, soprattutto, della loro incredibile risposta lineare ho capito che finalmente avrei potuto realizzare i miei mix anche nei momenti meno opportuni, come la notte. Ho scritto subito a Rok Gulič, creatore di OLLO, chiedendo l’endorsement e lui ha accettato. Realizzare un mix in cuffia è un’esperienza davvero particolare, probabilmente ad alcuni tecnici del suono si drizzeranno i cappelli a quest’idea, ma io trovo che le OLLO S4X siano davvero affidabili e adesso le uso regolarmente.

Per concludere, pensi che quello che è successo cambierà il modo di fare musica dal vivo?

Come ho avuto modo di dire spesso in questo periodo, ammetto di non avere un’idea chiara sulla questione. Fatico a fare riflessioni definitive oppure ad abbozzare uno scenario, poiché la situazione è in balìa a troppi fattori, diversi e sconosciuti. Come dicevo, spero soltanto che si torni presto a condividere musica senza alcuna limitazione, anche se temo (lo dico a bassa voce) che rimarrà una vistosa cicatrice sulle nostre abitudini quotidiane, musicali e non.

Grazie di cuore per aver condiviso con noi la tua esperienza in questi concerti molto particolari, spesso ci si lamenta della mancanza di posti dove portare la propria musica, il tuo esempio ci fa capire che a volte basta uscire dagli schemi consueti e ci si può proporre in contesti anche impensati. Alla fine quando c’è la voglia di suonare la Musica la si può portare ovunque.

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